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mercoledì 30 dicembre 2020

LA BELLEZZA SALVERA' IL MONDO? (FORMULA N. 56)

 


LA BELLEZZA SALVERA' IL MONDO?

L’impegnativo 2020 sta per finire e con esso anche il racconto di Netzach, ambientato nel mondo della “formazione”, pieno di personaggi vigorosi e di particolare fascino, nei quali forse ci siamo identificati, che ci hanno insegnato cosa sia la vera
BELLEZZA.
Gli interpreti dell'ultimo capitolo, che dura dal 27 al 31 dicembre, sono avvolti dalle energie di

PHUWIY’EL

La lettera PHÈ פ significa bocca e si collega ad ogni forma di comunicazione e persuasione. La bocca inoltre è anche il primo organo dell’apparato digerente e quando la digestione è ottimale, giova su tutte le funzioni dell’organismo.

Un’altra sua particolarità è che corrisponde al terzo chakra quello del plesso solare, Manipura, dal sanscrito mani che significa "gemma", e pura che significa "città", spesso tradotto come la "città dei gioielli" o “la città della gemma rilucente e detto anche “cervello addominale”.
Questo chakra si occupa proprio dei processi e degli organi preposti alla digestione, proteggendo il sistema nervoso e quello immunitario.

Come riporta lo Sepher Yetzirah, il libro della formazione, il più piccolo e misterioso della Qaballah, la lettera phè è collegata al “governo” e al pianeta Mercurio.
Per “governo” si intende: “Io governo me stesso e non mi faccio influenzare dalle parole degli altri. Io reggo il timone della mia nave”

Mercurio è il pianeta del linguaggio, dell’intelletto, del ragionamento veloce, dell’irrequietezza, del modo di esprimere il nostro pensiero, della strategia, della diffusione e della selezione di informazioni e dell’osservazione distaccata dei fatti.
Nella mitologia greca e romana, Hermes/Mercurio, era l’alato e velocissimo messaggero degli dei che personificava il vento per la sua rapidità nel trasportare ordini e richieste.
La sua abilità era quindi quella di separare e collegare (vav) contemporaneamente l’espressività (phè) e la pratica (yod)

La radice פו phè+vav rappresenta il suono prodotto quando soffiamo ed anche l’uso di un linguaggio eloquente ma pacato
La radice פי phè+yod rappresenta un soffio di maggior carica e un modo di parlare più impattante.
Phuwy’el è come un vento mutevole, a volte dolce e piacevole, altre volte burrascoso e tagliente.
Il vento, quando soffia forte, crea uno scompiglio incontrollabile che disturba e aggrava non solo lo stato delle cose, ma anche il nostro stato d’animo e di salute.
Al contrario, quando è una piacevole brezza, abbiamo la sensazione che tutto circoli liberamente, come se avvenisse una profusione di pensieri aperti e valori collettivi perfettamente allineati.
Ecco che allora il vento diventa una benefica e potente energia comunicativa che si irradia in tutto il mondo spazzando via tutto ciò che è contagioso e inquinante, cambiandone automaticamente la percezione.
Ciò che di più bello si nasconde in Phuwiy’el è la parola
YOFI יופי che significa BELLEZZA, 
una questione di equilibrio dei sensi, realizzabile attraverso un processo dinamico di alternanze spesso sovrapposte ed estreme.

Un equilibrio 
tra quello che siamo 
e quello che possiamo ancora essere e fare.


martedì 22 dicembre 2020

"CANTO DI NATALE- A CHRISTMAS CAROL" (formula n. 55)


“CANTO DI NATALE”
A CHRISTMAS CAROL

La prime tre lettere della formula energetica dominante nei giorni
dal 23 al 27 dicembre
MEBAHI'YAH

le abbiamo già incontrate nel periodo dal 27 al 31 maggio, la differenza sta nel suffisso: 
a maggio "el אל ",  in questi giorni " yah יה". 
Mebahe'el di maggio, nella sfera di Chokmah rappresenta il concetto, Mebahi'yah è il concetto che trionfa.
Mebahi'yah
ci comunica che nel nuovo mondo in cui abbiamo deciso di dimorare nei giorni precedenti (Nytha’el) dobbiamo innanzitutto staccarci dai beni materiali.

Il 24 dicembre 1843 la CBS inglese diffonde per radio per la prima volta il "Canto di Natale" (A Christmas Carol) di Charles Dickens, con la voce narrante di Orson Wells.
Il libro fu pubblicato in edizione di lusso, con rilegatura rigida di velluto rosso a bordi dorati e con illustrazioni colorate ed innovative, e sebbene fosse in libreria da pochi giorni e avesse un costo elevato, ci fu il record di vendite: 6.000 copie.
Nel racconto, Dickens critica aspramente le classi sociali ricche, lo sfruttamento dei minori nelle fabbriche e affronta il tema sociale della povertà che lui stesso visse in prima persona.
Il protagonista, il ricco e avaro Ebenezer Scrooge, disprezza il Natale considerandolo una perdita di tempo perché nella sua vita ciò che conta prima di tutto è il denaro.
Durante la notte della vigilia però, riceve la visita di tre spiriti. 
Lo spirito del passato (mem) lo scuote facendogli rivivere i Natali durante i quali aveva rinunciato a tutti gli affetti, isolandosi per dedicarsi ai suoi profitti.
Lo spirito del presente (beth) gli mostra come la gente intorno a lui stia vivendo pienamente l’atmosfera di Festa.
Lo Spirito del Futuro (hè) gli fa vedere cosa succederà alla morte di un ricco signore, di cui non si sa il nome e che nessuno conosce. Nessuno lo visiterà, nessuno andrà al funerale, l’azienda e la casa saranno vendute.
Alla fine, gli mostra la lapide al cimitero con inciso il suo nome: Ezeber Sgrooge.
Dopo questa terribile esperienza, Scrooge è terrorizzato, e si rende conto di quanta straziante solitudine gli porteranno la sua aridità e brama di denaro.
Si accorge (hè) di quanto la sua interiorità/spiritualità (beth) sia gelida e la mattina di Natale si risveglia come una nuova persona (mem) imparando la gioia della condivisione, della gentilezza e la meraviglia del dare. 
Dickens mostra nella sua opera allegorica un viaggio a ritroso nella coscienza, da cui scaturisce una trasformazione e il recupero della socialità.
Canto in ebraico si dice shyr שיר, e il "Canto di Natale"     è paragonabile alla formula di questi giorni
                            Shin ש      un potente catalizzatore
                            Yod י        che accelera
                            Resh ר      la fuidità dell’ESSENZIALE

 

domenica 20 dicembre 2020

UN NUOVO MONDO (formula n. 54)

 


UN NUOVO MONDO


NIYTHA’EL 
נית אל


Questa formula energetica, presente dal 17 al 22 dicembre, aiuta a metterci in contatto con una nuova realtà, permettendoci di scoprire un nuovo modo di vivere e di fare qualcosa di importante e decisivo, per guadagnarci il proprio posto nel mondo.
Il 18 dicembre 2009 uscì nelle sale cinematografiche il film fantascientifico di James Camerun, "AVATAR".
A mio parere, sono molti i parallelismi tra la formula energetica Niythael, l’idea di James Camerun e il ruolo del protagonista, l’ex marine Jake Sully.
“AVATAR” è una storia che insegna a non perdere la grinta, a vedere dentro noi stessi, sviluppando la poco utilizzata empatia - dal greco “en-pathos” cioè "dentro il sentire" - un meticoloso lavoro che riassorbirebbe ogni conflitto amplificando la comprensione e l’ottimismo, ma che purtroppo l’essere umano sta perdendo progressivamente.
Jake Sully, è membro di una "missione", messa in atto dagli umani, il cui scopo è conquistare la fiducia dei Na'vì, abitanti della luna Pandora, controllarli, sconfiggerli e impossessarsi delle risorse minerarie, utili a risolvere la crisi energetica della Terra.
Jake diventerà la “guida” di un esperimento sviluppato dagli scienziati umani, il Programma Avatar, tramite il quale la sua coscienza verrà collegata ad un corpo organico controllato a distanza (avatar) simile a quello dei Na’vì.
“Avatar” è un termine sanscrito che significa “discendere, arrivare a, essere al posto giusto”.
Nella tradizione induista il dio Vishnu ha 10 avatar e fra questi il più venerato è Krisna, raffigurato con la pelle azzurra, come i Na’vì di Pandora.
L’avatar nell’induismo “scende” sulla terra per ristabilire il bene e la giustizia quando queste sono minacciate dall’uomo stesso.
Nel film di Camerun, anche l’ex-marine Jake inizialmente “scende” su Pandora come membro della “missione” messa in atto dagli umani, per poi rendersi conto di quanto sia crudele.
Sceglie infine, grazie all’amore per una Na’vì, di unirsi a loro e difenderli dall’attacco umano, mettendo in grave crisi lo scopo della missione.
Jake, un “Principato/Sariym”, un nobile combattente costretto su una sedia a rotelle, nel corpo del suo avatar riacquista l’uso delle gambe, vivendo una metamorfosi che lo porterà a lottare per salvare sé stesso e il mondo alieno di Pandora.
Un mondo al di là di ogni immaginazione, dove ogni essere vivente, dalla flora di un indescrivibile bellezza, alla fauna preistorica, ai suoi “abitanti indigeni”, è incredibilmente connesso e stabilisce un legame bio-neuro-chimico che permette di sentire l’uno il corpo dell’altro.
Jake imparerà a volare, ma soprattutto a sentire, ascoltare, vedere e guardare “dentro di sé e dentro tutto il resto” decidendo alla fine che Pandora sarà la sua nuova dimora.
Certo “Avatar” è fantascienza, ma i messaggi che Jake lancia nel film sono concreti, rapiscono e si possono realizzare.
Uno di questi è:
“Una vita finisce, un’altra comincia. 
I Na’vì dicono che si nasce due volte. 
La seconda è quando uno si guadagna 
il suo posto nel mondo per sempre!
...ricorderai a malapena la vita di prima"

martedì 8 dicembre 2020

VERITA' PROFONDE (formula n. 51)

 


VERITA' PROFONDE 

Nel momento in cui non accettiamo più ciò che ci circonda, succede che un diffuso malessere mette a tacere la nostra anima.
Questo clima silenzioso può essere efficace per calmare i conflitti interiori, per amplificare l’ascolto, per porre un freno alle discussioni che stanno prendendo una brutta piega o alla rabbia che spesso ci fa dire cose delle quali ci potremmo pentire.
Quando riusciremo a raggiungere uno stato di profonda calma e solitudine, non sentiremo più il bisogno di difenderci o di attaccare nemici o ostilità, perché saranno i nostri desideri a liberarci da qualsiasi dipendenza e a sollecitarci urgentemente verso la scoperta e la conquista di ciò che per noi vale veramente.
Ma a volte nel silenzio si nasconde l’incapacità e la paura di dire ciò che si sente e se il silenzio è prolungato rischia di diventare una sacca ruminante di pensieri ossessivi, movimenti rallentati, dolori, sensi di colpa, i peggiori nutrimenti per l’anima.
Non chiedere, non rispondere, non affrontare mai sé stessi, è una forma di auto-punizione lacerante che costituisce allo stesso tempo un castigo da infliggere agli altri.
Da qui, la chiusura di ogni tipo di comunicazione, l’incapacità di elaborare e gestire i propri pensieri e la nascita di aggressività, superbia e tossica apatia.
La formula energetica presente dal 3 al 7 dicembre 

HACHASHI'YAH

simboleggia diverse azioni: affrontare, rendere evidente, affrettarsi, ma anche sentire dolore.
La formula letta da sinistra verso destra, cioè shin ש -heth ח – hè ה costituisce la radice di piegarsi, prostrarsi, 
mentre se leggiamo heth ח -shin ש – hè ה 
troviamo la radice di tacere, stare in silenzio. 
E noi quale azione di Hachashi’yah vogliamo perseguire?
Preferiamo affrettarci ed affrontarci, mettendo in conto che potremo sentire un dolore acuto ma transitorio, oppure scegliamo di sottomettere e silenziare le nostre volontà, coscienti che il dolore sarà fievole e lento, ma cronico?
Nel centro di Hachai’yah c’è un’energia molto complessa ma potentissima (anche foneticamente) la heth

un grande serbatoio di VITALITA'
Come sfruttarla al meglio?
Ponendoci domande dolorose e rispondendoci senza mentire con la hè:
“Sono cosciente di quello che dico, che faccio, che penso, 
di come agisco, da dove provengo?
Conosco le MIE motivazioni, i MIEI desideri? (shin)” 
"La mia vita è monotona e meccanica?"
"Sto soffrendo?"